Sembra che ci richiedano di adattarci gradualmente alla prospettiva di una civiltà “protetta” e “disinfettata” ma senza spettacoli, senza musica, che è come dire: senza vita.  È davvero difficile prevedere come cambierà il mondo tra qualche mese o anno, tanto più immaginare come cambierà il mondo della musica. Certo è che in questo momento il tema della salute (e con esso la scienza medica) ha preso il sopravvento su tutti gli altri aspetti della nostra vita. Per varie ragioni, questo virus è riuscito a rendere la preoccupazione per la salute collettiva più importante di qualunque altro ambito: del lavoro, dei diritti civili, della libertà, dell’economia, dei contatti umani e, ovviamente, anche dell’arte e della cultura. Come musicisti, in questo momento siamo fermi, bloccati e disorientati, ma abbiamo l’opportunità (e forse, perché no, anche il dovere morale) di ripensare ai valori fondamentali del nostro fare musica. Abbiamo bisogno di rivendicare un diverso concetto di salute, più ampio, fondato su principi non solo medici, diagnostici e farmacologici, ma anche e soprattutto umani, culturali e spirituali. Una salute che trova il suo fondamento nel riconoscimento, nel rispetto e nella promozione dei nostri valori umani più profondi, nella condivisione, nella bellezza. Una salute basata sul ridefinire la qualità della vita e non solo sulla lotta alle malattie o sulla paura della morte. Molti grandi musicisti del passato hanno sofferto di gravi problemi di salute, e non sono vissuti a lungo. Oggi il mondo è diverso, la medicina ha fatto tanti progressi, ma il nostro bisogno primario resta lo stesso. Non abbiamo bisogno di illuderci di essere immortali, ma di dare senso, significato e valore alla nostra vita. Essere creativi, apprezzare le cose belle, condividerle con gli altri: la salute è anche questo. L’arte, la musica hanno il potere di promuovere, se lo vogliamo, la rinascita di un nuovo umanesimo moderno, la riscoperta di ciò che veramente siamo e che possiamo essere. Dobbiamo solo risvegliare la nostra visione, la nostra intuizione e il nostro coraggio.

Federica Righini e Riccardo Zadra